I falò nel bosco: il canto di libertà alla sorgente della vita

I falò nel bosco: il canto di libertà alla sorgente della vita
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di Daniela Marra

“Il tempo è un gesto caparbio, in equilibrio da sempre con l’acqua, gli alberi, il vento, le rocce. Il tempo è un vero e proprio atto di pazienza” (Cristiana Buccarelli – I falò nel bosco-Iod ed.)

Ci sono luoghi geografici, che conducono fin nelle profondità più nascoste a luoghi interiori inesplorati. Uno di quei luoghi è il bosco. Spazio fisico ben individuato ma dai confini indistinti, mitici e archetipici, dove la natura esprime tutta la propria selvaggia forza generatrice.

 Tra il Cinquecento e il Seicento all’ombra di un bosco, che sorge ai margini del villaggio di Castel Viscardo in Tuscia, vivono due donne, due guaritrici. Fulvia e Fausta, personaggi di invenzione di Cristiana Buccarelli, che si muovono in un ambiente storico dalla ricostruzione minuziosa, restituendo un’immersione totale al lettore.

 I Falò nel bosco (Iod Edizioni 2021) è un romanzo storico, che sapientemente coniuga attraverso uno stile delicato e attento la lezione della leggerezza calviniana alla profondità simbolica di matrice greca, del mito, della metastoria. Tonalità, sensazioni, ritmi sono perfettamente in armonia come un canto boschivo.

Le atmosfere fiabesche del bosco sacro, magiche e vitali, trasformano, insegnano, raccontano. A questo intatto luogo di eros e di vita si contrappone il centro abitato, il villaggio, che polveroso e sporco è pericoloso, luogo di thanatos, di morte. Bisogna coprirsi per non correre rischi. Perché è dove tutte le forze negative del pregiudizio confluiscono, dove la marginalità diventa crimine e una guaritrice è strega diabolica.

Cristiana Buccarelli conosce bene gli incantesimi delle parole, dei simboli, dei culti legati a Diana e attraverso la forma letteraria, senza alcun intento didascalico, non solo vivifica un’epoca e una società marginale come quella femminile delle guaritrici, ma offre spunti interpretativi su grandi tematiche che vanno oltre l’intrattenimento del racconto: la cura del corpo e dell’anima, la sacralità del gesto quotidiano, il tempo come atto di pazienza, la libertà individuale e collettiva.

Una grammatica di memorie antiche, che sposta l’attenzione dalla frenetica e frammentaria vita disordinata contemporanea, al tempo dilatato della natura e della riflessione, che insegna a rallentare. E non poteva farlo in maniera migliore se non attingendo a quel corposo materiale mitico e immaginativo che appartiene alla grecità e si traduce in sincretismo nella storia e all’amore per la letteratura, di cui partecipano Fausta e Fulvia.

Non a caso i culti di Diana, demonizzati dalla Chiesa, sono recuperati dall’autrice come esigenza intima e di condivisione sociale.

Inoltre fa riflettere come la figura della dea Italica, custode delle fonti e del bosco sacro, sovrapposizione della più antica Artemide, da dea casta greca, sia poi associata alla Selene innamorata, dea lunare. In questo innesto di ruoli, la dea diventa personificazione della donna, e se pur per un lungo periodo fu considerata addirittura prefigurazione della vergine Maria, come da Filagato da Cerami, alla corte di Ruggero II, con il tempo fu retrocessa e demonizzata a causa di quella volontà propria e di quelle caratteristiche selvagge e animali attribuite da occhi esterni a lei come al suo luogo di elezione, il bosco che distanzia da Dio, e alla sua personificazione reale, la donna libera e non soggiogata dalla società.

Ma anche nel momento più buio, quando Fausta sarà accusata di stregoneria, il suo canto di libertà non diventerà mai in grido, perché il bosco come spiritus rector insegna a rallentare il tempo, a guardare con occhi nuovi, a guarire attraverso la pazienza, a sondare e misurare tra l’incanto degli elementi naturali.

Sinossi

Fausta e Fulvia sono due guaritrici e vivono nella Tuscia, ai margini della società, tra il Cinquecento e il Seicento. Sono due donne libere, non sottoposte alla potestà patriarcale, indipendenti, e per questo maggiormente esposte al rischio di forme persecutorie. Sono due donne depositarie di un sapere antico, che accresce la loro capacità di curare e guarire.

C’è il senso del sacro e del divino nel loro rapporto con il bosco, con le erbe che utilizzano e con il culto pagano. Fausta insegnerà la sua arte di guaritrice a Fulvia, fuggita giovanissima da una condizione di sfruttamento, di violenza e di degrado morale. La giovane donna, attraverso l’incontro con l’anziana Fausta, trova la forza in sé stessa per attraversare una soglia e per avere un’esistenza diversa e libera, con molteplici esperienze spirituali: dall’esplorazione della natura, alla conoscenza della parola scritta, alla sperimentazione dell’amore.

La sua esistenza viene travolta da una vicenda in cui rischierà la vita. Ciononostante, attraversando bellezza e terrore, riuscirà a salvarsi e a rinascere, e, infine, saprà di aver trovato la sua ragion d’essere e di avere vissuto pienamente il suo tempo e il suo destino.


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di PC

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