Dodici domande per Marco Paolucci – autore di “L’inchiesta del croupier”
È in libreria il romanzo d’esordio di Marco Paolucci, “L’inchiesta del croupier” (Rossini Editore), un romanzo ricco di suspense che tiene il lettore incollato e lo sprona ad arrivare alla risoluzione del caso. Un casinò galleggiante sul Tevere, un commissario con un nome evocativo e infiniti sospetti e piste sbagliate. Noi di PressNews abbiamo intervistato l’autore per indagare più a fondo il suo romanzo e la genesi dell’opera.
- Marco, grazie per aver accettato questa intervista. Partiamo immediatamente in medias res, dall’aspetto che subito strizza l’occhio al lettore fin dalla quarta di copertina del tuo romanzo d’esordio, “L’inchiesta del croupier”: come è nata l’idea di ambientare il tuo romanzo in un casinò galleggiante sul Tevere?
Grazie a voi per l’opportunità. Sarò sincero, era partito con un’idea completamente diversa. Inizialmente volevo ambientare l’intero romanzo a Venezia. Immaginavo il protagonista affacciato sui canali della laguna mentre fumava una sigaretta. Con l’andare avanti nella stesura del manoscritto mi sono ritrovato di fronte alle difficoltà di scrivere una storia ambientata in una città che avevo conosciuto e amato solo come turista. Per risolvere il problema allora ho cambiato città e ho scelto la mia Roma, le strade che vivo quotidianamente, i suoi difetti e i suoi pregi. Visto che volevo mantenere l’affaccio su un canale d’acqua/fiume, un casinò galleggiante sul Tevere era la soluzione giusta.
- Ci puoi parlare del protagonista, il capitano dei carabinieri Filippo Bellodì? Come hai sviluppato la sua complessità? Qual è stato il tuo processo creativo nel delineare il suo personaggio? C’è un elemento particolare della sua personalità che ti ha affascinato durante la scrittura? Quanto c’è di te in Filippo Bellodì?
Desideravo donare al protagonista un chiaro schema mentale e una precisa forma mentis. È stato il mio cruccio principale. Per queste caratteristiche ho attinto spesso alle mie idee personali. Poi ho aggiunto i tic, anche là prendendo spunto dai miei difetti, come il cappuccino tiepido. Ricordo ancora il proprietario di un B&B in Sicilia che ogni mattina molto gentilmente mi proponeva una temperatura diversa, lo devo aver fatto impazzire. Infine, la parte fisica, dove c’è molto poco di me.
- Più in generale, rispetto agli altri personaggi che popolano le pagine di “L’inchiesta del croupier”, la tua esperienza personale ha influito sulla caratterizzazione dei personaggi o sulla trama di questo romanzo? Ci sono aspetti della trama o dei personaggi che hai dovuto modificare significativamente durante la stesura di “L’inchiesta del croupier”? Se sì, quali sono e perché.
Molti personaggi sono ispirati a persone care che mi sono vicine nella mia vita, a partire da mia moglie nei panni della protagonista femminile, il maggiore Martini. Spesso ho dovuto cambiare varie parti del romanzo, non tanto nella trama quanto nella forma. Per esempio, avevo iniziato a scrivere il testo in prima persona, poi l’ho ricominciato scrivendolo in terza persona e alla fine, non soddisfatto sono tornato alla prima persona. Spero di aver fatto bene così alla fine.
- Hai dichiarato che sei un ingegnere di professione. Come riesci a conciliare questa carriera con la tua passione per la scrittura? Come hai strutturato la tua giornata di lavoro durante la scrittura di “L’inchiesta del croupier”? Hai una routine particolare?
Nessuna particolare routine, ho sfruttato ogni momento di pausa o di riposo che avevo e in cui avevo idee e voglia di scrivere. Non credo che ci sia una ricetta valida a priori, dipende molto dai momenti.
- Rispetto alla fase creativa del romanzo, puoi raccontarci di un passaggio o di un capitolo particolarmente significativo per te nella stesura di “L’inchiesta del croupier”? Se ce ne sono state, quali difficoltà hai incontrato?
Senza fare spoiler è difficile ma ci provo lo stesso. Penso che le maggiori difficoltà le abbia incontrate nei capitoli in cui il capitano compie degli arresti. Mettere delle manette a qualcuno non è un gesto semplice e gratuito, è umanamente complicato, significa negare temporaneamente la libertà: un diritto sacrosanto per tutte le persone. Volevo che la delicatezza e la complessità del momento, a prescindere da chi fosse il soggetto arrestato, si rispecchiasse nella mia scrittura e nell’attitudine del protagonista, vista anche la sua storia personale.
- Nella trama del romanzo, la città di Roma gioca un ruolo importante. Come hai lavorato per rendere Roma un personaggio vivo nella tua storia? Qual è il ruolo della città e perché hai scelto di ambientare il tuo romanzo proprio qui?
Come dicevo prima è la mia città, il luogo dove sono nato e cresciuto, dove vivo. Non sarebbe stato possibile ambientare la mia storia in altro posto. Roma è una città stupenda, impossibile non amarla, offre scenografie uniche e ricche. Oggi forse noi romani siamo scoraggiati, pensiamo che non ci sia modo di migliorare lo stato della nostra città, bella ma difficile da vivere e gestire. Bellodì ha uno spirito diverso, mi piacerebbe fosse di ispirazione, soprattutto per i futuri amministratori locali.
- Il casinò descritto nel libro è un luogo molto particolare. Quanto tempo hai impiegato per ricercare e costruire questa ambientazione? Sei un appassionato di giochi, oppure hai dovuto portare le tue ricerche oltre la pagina per dar vita a questo luogo immaginifico? Hai avuto esperienze di ricerca interessanti o incontri significativi durante la preparazione di questo romanzo? Come ti è venuta l’ispirazione per dar vita a quest’ambientazione?
Da appassionato di James Bond volevo ambientare il mio primo libro nello stesso luogo: un casinò. È un ambiente che nasce completamente dalla mia immaginazione, non sono un assiduo frequentatore, al massimo faccio qualche partita di poker con gli amici, puntando pochi spicci.
- Ci sono autori o opere che hanno influenzato il tuo stile di scrittura o la struttura del tuo romanzo? Hai avuto qualche influenza letteraria specifica mentre scrivevi questo romanzo? Se sì, che cosa e chi ti ha ispirato?
Sicuramente Leonardo Sciascia e il giorno della civetta. Lo stesso cognome del protagonista è un vago riferimento a quel capolavoro letterario dello scrittore siciliano. Devo ringraziare una mia professoressa di lettere del liceo per avermi fatto conoscere questo autore geniale.
- “L’inchiesta del croupier” affronta tematiche come la giustizia e la corruzione. Come hai preparato la ricerca su questi argomenti per la tua narrazione? C’è qualche messaggio o tema secondario in “L’inchiesta del croupier” che desideri che i lettori colgano?
Sin dall’inizio desideravo far arrivare al lettore alcuni messaggi in modo da accendere l’interesse su tematiche attuali ma non molto attenzionate. Penso al dramma dei suicidi in carcere, in questa tragica estate ancora più attuale, spesso affrontato con troppo populismo e frasi orrende come “se lo sono meritato”. Purtroppo, oggi molti di coloro che si suicidano nelle patrie galere sono persone che non hanno ancora nemmeno subito una condanna ma sono solamente in custodia cautelare, per la legge sono a tutti gli effetti degli innocenti. Penso anche al tema del caporalato e alle morti che si sono verificate nell’agro pontino nelle scorse settimane, oppure alle repressioni e alle torture che vivono in questi giorni i dissidenti politici in Venezuela. Pensiamo che siano tutti temi secondari, meno importanti di quante tasse paghiamo in un anno, ma sono temi alla base della qualità della nostra vita insieme.
- Sapresti dire che cos’è per te la giustizia? E a chi, soprattutto, è preclusa?
Non credo di avere la definizione giusta. Penso che sia un bisogno incessante che ha ogni individuo. Un bisogno che la legge e gli uomini di legge provano a garantire nel migliore dei modi, non sempre è possibile a causa dell’imperfezione umana. Il nostro compito per il futuro è ridurre sempre di più questo margine di errore.
- “L’inchiesta del croupier” è il tuo esordio nel mondo della narrativa gialla. Quali sono le sfide principali che hai affrontato nella scrittura di questo romanzo? Come hai capito che Rossini potesse essere l’editore giusto per raccontare ai lettori la prima indagine di Filippo Bellodì? Qual è stata la tua reazione iniziale quando hai saputo che il tuo romanzo sarebbe stato pubblicato?
Ringrazio Rossini e la mia editor Martina Vignozzi per avermi dato questa opportunità. È stata un’incredibile soddisfazione pubblicare il mio primo giallo e spero che possa esser apprezzato dai lettori. Ma il merito più grande se ho concluso il testo è di mia moglie che mi ha spinto a credere in questo sogno, quando io stesso ci credevo poco.
- In rete, in un’intervista, lasci intendere che hai in progetto altri libri. È vero? Se sì, che cosa possiamo aspettarci dal tuo prossimo lavoro letterario?
Penso che il finale dell’inchiesta del croupier sia parlante, il capitano Bellodì ha ancora altro da dire e su cui indagare…
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