Intorno alla Pasqua. Una trattazione sulla Pasqua richiede, anche se tutti ne conoscono il significato, un approfondimento etimologico

Intorno alla Pasqua. Una trattazione sulla Pasqua richiede, anche se tutti ne conoscono il significato, un approfondimento etimologico
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        “La Pasqua, in Aramaico Pisha, significa passaggio; in Ebraico Pesah, passaggio; in Greco Patein pathos, passione.”

Di Geppino Scudieri

            Nella tradizione biblica, la Pasqua commemora il passaggio guidato da Mosè, dall’Egitto alla terra promessa, attraverso l’apertura del mar Rosso. Si consideri anche il “passare oltre le porte: Dio (Yahveh) ordinò agli Israeliti di mangiare pane senza lievito, azzimo, per ottenere un cibo naturale, senza alterazioni artificiosi, e di sacrificare un agnello il cui sangue doveva servire per segnalare gli stipiti e gli architravi delle porte, affinché l’Angelo risparmiasse quelle case dalla “decima piaga”.

Con tale espediente, furono colpiti a morte solo i primogeniti Egiziani, tra cui il figlio del Faraone. La decima ed ultima piaga costrinse il Faraone ad autorizzare l’uscita dall’Egitto di Mosè con i suoi Ebrei. Ancora una volta, un passaggio importante: dalla schiavitù in terra d’Egitto, alla libertà verso la terra promessa.

            La Pasqua cristiana è un solenne evento religioso con cui si celebra la Resurrezione di Cristo e la Redenzione. E’ preceduto da una settimana in cui predomina il ricordo della passione morte del Signore Gesù che culmina nel venerdì Santo. La Pasqua, per i Cristiani, è il passaggio dalla schiavitù del peccato, alla libertà di determinare il passaggio successivo, l’ultimo: dalla morte del corpo, alla vita dell’anima. Gesù stesso è protagonista, e le testimonianze sono ampie, del più grande evento di tutti i secoli: il passaggio dalla morte alla vita.

La Pasqua rappresenta, per i cristiani, un evento costituito da diversi episodi che segnano non solo la vita di Gesù sulla terra, ma indicano anche un percorso-passaggio indirizzato ai seguaci di Cristo. Un percorso che inizia con l’ingresso di Gesù a Gerusalemme e riconducibile al momento in cui entriamo nella comunità cristiana: gioia ed esultanza, prosegue con la lavanda dei piedi che ci invita a considerare l’umiltà e la disponibilità verso il prossimo, quali cardini fermi per vivere secondo i crismi della cristianità e finisce con l’ultima cena, un momento di convivialità, durante il quale si prepara il tradimento; sembra quasi un monito: siate guardinghi, perché il male si insinua anche nei momenti di rilassamento, proprio quando meno ve lo aspettate; nel Getsemani si vivono ore strazianti, sia per chi legge i Vangeli dopo 2000 anni, che per lo stesso Gesù il quale, capito di dover morire tra sofferenze atroci, prega il Padre, sudando sangue, di allontanare il calice, ma si dichiara ubbidiente alla Sua volontà.

Quale migliore esempio da emulare, pur tra sofferenze, per raggiungere il Bene Sommo? Gesù chiama “amico” Giuda che lo tradisce e rimprovera il discepolo che taglia l’orecchio a Malco.  Comportamenti concreti, questi, che invitano ad aborrire la violenza. Pilato che si lava le mani è l’emblema dell’ignavia al servizio dell’ingiustizia. Un tale evento ci ammonisce che non dobbiamo aspettarci una perfetta giustizia umana, giacché, sovente, è satura di azioni che favoriscono unicamente interessi altrui rivolti a denaro, potere o favoritismi.

            Ogni uomo, per un imperscrutabile disegno Divino, ha la personale Via Crucis che a volte sembra insopportabile. Gesù, con la Sua, ci sprona ad affrontarla con dignità e con la certezza che ci attende una nuova vita disciplinata da una sola Legge: l’Amore.  

            Sarebbe oltremodo interessante rappresentare la Pasqua a imitazione della Natività. Immagino una molteplicità di scene che ripropongono i momenti salienti della vita di Gesù: dalle guarigioni, alle vittorie sulla morte; dai suoi discorsi alle folle, all’ingresso trionfante in Gerusalemme; dalle Sue sofferenze, alla sua morte ed alla Sua Resurrezione. Sono convinto che il “Sacro Passaggio”, come mi piacerebbe definire il presepio pasquale, realizzato su vasta scala, non in sporadiche città, e con una giusta comunicazione, avrebbe una forte risonanza, non solo per la novità, ma per le profonde emozioni emanate dalle visualizzazioni di quegli eventi unici e straordinari.

Pezzi singoli di queste scene, comunque autentiche opere, venivano incapsulate in una campana di vetro e poste sovente in camera da letto. Nel ‘400 a Napoli, comparvero anche in diverse Chiese (notizia da Stamperia S. Valentino, Napoli). Fino a qualche anno fa, nella Chiesa di S. Nicola alla Carità, Napoli, un valente artigiano, Giuseppe Russo, allestiva il “presepio” di Pasqua (da libreria L’Indice Napoli). Ogni anno, in diverse località italiane si allestiscono rappresentazioni Pasquali: in Assisi; in piazza del Popolo in Roma, con la distribuzione di cioccolato; in Verona presso la scuola primaria “T. Lenotti; in Roma presso la Parrocchia di Nostra Signora di Vaime in via di Vigna due Torri; in Cefalù, Sicilia e sicuramente in tante altre città.

di Redazione

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