Le Giornate FAI di Primavera, giunte alla loro ventinovesima edizione, anche quest’anno hanno riscosso un grande successo

Le Giornate FAI di Primavera, giunte alla loro ventinovesima edizione, anche quest’anno hanno riscosso un grande successo
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di Sara Ramondino

L’apertura straordinaria il 15 e 16 maggio di numerosi siti e monumenti del nostro Paese ha attirato ben più di 150.000 visitatori in tutta Italia.

L’evento a carattere nazionale ha ricevuto la Targa del Presidente della Repubblica ed è stato organizzato col patrocinio del Ministero della Cultura e con il supporto di “RAI per il Sociale”.

I siti FAI aperti al pubblico nella regione Campania hanno spaziato da provincia a provincia; tra questi è stato possibile visitare il Parco Archeologico Ambientale del Pausilypon, il borgo storico di Riardo-Pietramelara nel Casertano, il Palazzo Filangieri di Lapio, il borgo di Castelvetere sul Calore nell’Avellinese e l’incantevole Villa Campolieto nell’area vesuviana.

Ed è a proposito di quest’ultima che ci si soffermerà maggiormente nell’articolo dal momento che il Vesuviano è una località di solito conosciuta per gli Scavi di Ercolano e Pompei, per il “Parco Nazionale del Vesuvio” e per i suoi prodotti ortofrutticoli e vinicoli, come la particolare qualità di albicocche denominate in dialetto “pellicchielle”, i pomodori del “piennolo” coltivati sul suolo vulcanico e per la produzione di vini come il Catalanesca, il Caprettone e il Lacryma Christi.

Ma che dire delle opere artistiche della zona?

Anche qui non mancano numerosi simboli architettonici e monumenti che ci narrano la tradizione, la memoria e l’identità di questi luoghi; e le “Giornate FAI” hanno permesso, a chi ha preso parte alle visite guidate, di conoscere più da vicino questi luoghi d’arte quasi sempre non accessibili al pubblico durante l’anno. Fra questi spicca il nome di Villa Campolieto.

Edificata nel 1755 a pochi passi dagli Scavi di Ercolano, fu costruita per volontà di Luzio Di Sangro, duca di Casacalenda e principe di Campolieto, con l’obiettivo di avvicinarsi alla Reggia di Portici e al re Carlo di Borbone. Il complesso architettonico prende il nome “Campolieto” sia dal comune molisano dove Luzio di Sangro era Principe e – secondo un’altra ipotesi – sia dall’antica località tra Ercolano e Portici in cui è situata, dove un tempo c’era soltanto una fitta vegetazione a ridosso del mare, prima ancora che il fenomeno dell’urbanizzazione mettesse piede nell’intero territorio. All’epoca, dunque, l’area era descritta come un vero e proprio “campo lieto”, un luogo di pace dove i nobili potevano ritemprarsi, respirare aria marina ed essere circondati dal verde.

Villa Campolieto rientra nella lista delle 122 Ville Vesuviane appartenenti al “Miglio d’Oro”, definito così quel tratto di strada che attraversa i quartieri di Barra e San Giovanni a Teduccio e i comuni di Ercolano, Torre del Greco, Portici e San Giorgio a Cremano. Durante il XVIII secolo si poteva scorgere meglio questa ‘via’ che metteva in comunicazione le varie ville costruite in zona, circondate soltanto da distese campagne. Qualche chilometro più avanti di Villa Campolieto, infatti, sorge un altro raffinato edificio, Villa Favorita; e avendo gli occhi puntati verso nord-ovest è possibile vedere anche a distanza la Reggia di Portici.

Soltanto verso la metà del Novecento, con la costruzione massiccia di edifici e abitazioni, il paesaggio del “Miglio d’Oro” è divenuto quasi impercettibile e sembra confondersi con gli agglomerati dell’edilizia contemporanea.

I lavori di costruzione di Villa Campolieto furono commissionati da due grandi ‘giganti’ dell’architettura e dell’ingegneria dell’epoca; durante i primi anni la mano di Mario Gioffredo contribuì all’esecuzione delle opere di progettazione, per poi essere perpetuate e rifinite da Luigi Vanvitelli nell’ultimo periodo.  Per chi ha avuto occasione di visitare la villa, è infatti stato impossibile non cogliere lo stile e la raffinatezza tipici degli stilemi vanvitelliani che – in misura maggiore – hanno contribuito ad arricchire e ad abbellire nello stesso periodo anche la Reggia di Caserta.

Un particolare di Villa Campolieto da non farsi sfuggire è il ‘distacco’ architettonico – voluto proprio da Vanvitelli – tra la facciata della villa sul porticato ellittico che affaccia a sua volta sui giardini e l’area in cui risiedevano i frati francescani, isolata da tutto il resto. All’epoca era considerato un privilegio per i nobili vivere insieme a delle figure religiose perché consentiva agli aristocratici di alzarsi di livello. Pertanto, Villa Campolieto si configurava non solo come residenza periferica per i reali ma era anche un luogo di rifugio per questi frati che pregavano e convivevano al suo interno. Un appoggio religioso ‘limitrofo’, dunque, per i nobili era di fondamentale importanza, tanto da consentire loro di potersi confessare in qualsiasi momento della giornata; questo era un aspetto di grande rilievo soprattutto in quel periodo storico in cui il Cattolicesimo era molto affermato ed egemone.

La visita guidata condotta dai giovani volontari del FAI è partita con la perlustrazione della parte esterna della villa per poi proseguire con quella interna, dove è stato possibile accedere ai piani alti attraverso le scale realizzate sempre da Vanvitelli, di cui una rampante e due laterali, strutturate così da conferire alla villa ancor più un tocco di regalità e magnificenza.

Giunti ai piani superiori, un aspetto che ha colpito maggiormente i visitatori è stata la luminosità dell’ambiente, elemento ricercato sempre dall’architetto napoletano attraverso la realizzazione di ben tre ampi finestroni dove tutto l’anno e con qualsiasi condizione metereologica entra abbondante luce; inoltre, a fianco a queste, sia sul lato destro che sinistro, sorgono due imponenti dipinti che raffigurano finte finestre; un’idea del tutto originale del Vanvitelli per garantire in misura maggiore un senso di ampiamento e fulgore all’atmosfera.

Varcato l’ingresso del piano superiore, ci si è addentrati nella prima sala della villa; il pavimento è rimasto intatto nel corso dei secoli e ha mantenuto il suo stato originale; l’ ampia sala in in cui si è potuto accedere per prima è caratterizzata da quattro porte sormontate da dei conchiglioni che raffigurano le quattro stagioni. Si è poi proseguito verso l’interno per conoscere la stanza più illustre caratterizzata da una serie di affreschi raffiguranti scene di vita quotidiana che si svolgevano stesso nei giardini della villa. Infatti sono rappresentati diversi personaggi nell’intento di giocare a carte, a bere, chiacchierare e passeggiare; una figura in particolare che ‘sbuca’ nell’affresco fra i vari personaggi è proprio il ritratto di Luigi Vanvitelli; una scelta artistica partita dal grande architetto che aveva deciso di sua volontà di farsi ritrarre. Queste sontuose stanze venivano utilizzate dalle servitù del tempo per avere maggiore discrezione e non disturbare la vita quotidiana dei nobili.

Altri affreschi presenti ritraggono anche figure mitiche come quelle di Apollo ed Eracle; quest’ultima, d’altronde, è stata fortemente voluta in onore degli Scavi di Ercolano legati alla divinità romana Ercole, corrispondente alla greca Eracle.

Il percorso di guida si è concluso con la visita al terrazzo da cui si è potuto conoscere e contemplare la posizione strategica di Villa Campolieto che ad ovest affaccia sul mare e a est sul Vesuvio, che compare alle sue spalle.

Da queste descrizioni si può comprendere che quella dell’ubicazione della villa è stata una opzione sapiente, dettata di sicuro da una kermesse di esigenze che variano dall’ambito politico a quello religioso. Da non sottovalutare è anche la necessità da parte degli aristocratici dell’epoca di ritrovarsi in un luogo, appunto, ‘lieto’, tranquillo, vicino al mare, per riposarsi e poter affrontare meglio, con il giusto spirito, gli impegni di corte.

di Redazione

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