Child Grooming, ovvero l’adescamento dei minori

Child Grooming, ovvero l’adescamento dei minori
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A cura della dr.ssa Letizia Di Lauro – Criminologa

Da diverso tempo la cronaca pone l’attenzione sul fenomeno del child grooming che è in aumento soprattutto nel cyber spazio, spesso a causa anche della disattenzione verso la privacy sui social network di cui i giovanissimi fanno largo uso, dalle piattaforme maggiormente diffuse come Facebook, Instagram e il tanto discusso Tik Tok, a quelle meno conosciute -dagli adulti educatori e genitori- come Finsta o Rinsta (Fake Instagram, dove creare un account falso di instagram ), la piattaforma di messaggistica This Crush, che permette di inviare messaggi in anonimo, o Tellonym app che consente anch’essa di parlare in anonimo, o ancora Omegle (molto usata proprio per il suo scopo talk to stranger, parlare con gli sconosciuti, il più delle volte pedofili con falsi profili) e molte altre che ogni giorno si aggiungono e  si immettono nel web. Le ricerche tra i più giovani mostrano che 1 adolescente su 3 acconsente volontariamente a fornire il proprio numero di cellulare a persone conosciute online; secondo gli studi condotti dall’End Child Prostitution , Pornografy and Trafficking of Children for Sexual Purpose (ECPAT) il 90% degli studenti di 13 anni intervistati ha aperto un profilo Facebook prima del limite minimo previsto imposto dal social network che è proprio 13 anni. Circa l’80% degli studenti intervistati posta almeno una foto al giorno e di questi oltre la metà ha ricevuto richieste o commenti a sfondo sessuale. La quasi totalità degli intervistati poi, nella ipotesi di pericolo online, non ritiene opportuno dover informare i genitori temendone le reazioni di disappunto. Complice l’attenzione data dai media, la società attribuisce molto banalmente alla proliferazione delle strutture che favoriscono le interazioni tra soggetti a distanza, ossia proprio i social networks, l’aumento dei casi in cui sono coinvolti i minori e ciò è indubbiamente riduttivo per spiegare questa emergenza dalle capacità offensive di proporzioni sempre più pervasive e che richiede una conoscenza approfondita delle origini al fine di affrontarla con consapevolezza.

Il “child grooming”

Partiamo quindi dal principio: con il termine child grooming si intende l’adescamento di soggetti minorenni ad opera di un adulto, questa tecnica avviene ormai sempre più di frequente attraverso i social network, le chat, le app scaricabili sui dispositivi mobili personali e paradosso, l’origine del termine proviene dall’inglese “to groom” ossia  “curare” “prendersi cura” di una persona, prepararla fisicamente e psicologicamente ad uno scopo prefissato; tale definizione viene impiegata per identificare soggetti potenzialmente devianti, pedofili e individui che hanno una particolare predilezione per i pre-adolescenti o minorenni più in generale, ovvero un range di età che va dalla pre-pubertà alla prima adolescenza. In ambito psicologico si fa riferimento a condotte manipolative adottate per selezionare, coinvolgere e mantenere in una situazione di abuso e sfruttamento vittime di giovane età. Esattamente come per l’adescamento offline, il child grooming ha lo scopo di mantenere ed esercitare un controllo su un individuo che per l’età, il sesso, lo sviluppo psicofisico ed emozionale, non è in grado di discernere eventuali pericoli. Tale concetto in un’ottica di evoluzione criminologica viene utilizzato poi per descrivere la condotta con la quale un individuo manipola uno o più soggetti minori di età per scopi illeciti consistenti quasi sempre in abusi sessuali, e che l’ordinamento giuridico sanziona.  Accanto agli strumenti normativi, naturalmente è necessario educare i bambini alla legalità informatica, istruendoli a non conversare con gli sconosciuti via web, a non mandare foto e a diffidare di qualunque situazione si possa creare mentre sono online.

I dati forniti dal Commissariato online della Polizia Postale

I dati che vengono forniti dal Commissariato online della Polizia Postale sono molto espliciti: negli ultimi mesi del 2020 ci sono stati 328 casi di pedopornografia, 18.364 giga di materiale sequestrato con 20 siti. Il profilo stilato delle vittime vede in 87 casi preadolescenti tra i 10 e i 14 anni di età, in 53 casi le vittime hanno una età compresa tra i 14 e i 17 anni, ma vi sono coinvolti anche molti bambini di età inferiore ai 10 anni. Il business della pedopornografia, dalle ricerche effettuate mostra il coinvolgimento di bambini sempre più piccoli che vengono sfruttati in un mercato che in realtà è tutt’altro che virtuale, nei fatti vengono utilizzate immagini di abusi realmente commessi a danno dei minori il più delle volte inconsapevoli.

Il grooming, l’adescamento e gli adescatori

Il grooming, per tornare all’aspetto psicologico, è definito come una seduzione di tipo emozionale, uno stratagemma messo in piedi dal predatore allo scopo di catturare il minore-preda per soddisfare i propri impulsi sessuali. L’adescamento è quindi una “condotta camaleontica” in quanto ha tutto l’aspetto di liceità fino al momento in cui raggiunge l’obiettivo prefissato, evolve lungo un percorso che può interessare un arco temporale anche lungo, fatto di attività apparentemente inoffensive svolte in comunità. Gli adescatori, grazie a queste condotte apparentemente lecite, sfuggono nella ordinarietà del quotidiano, le tecniche che i groomer adottano per instaurare un contatto con la vittima prescelta, oltre la primitiva “face to face grooming”, l’adescamento faccia a faccia messo in atto di persona ai danni del minore conosciuto nella realtà quotidiana offline, attraverso le relazioni sociali, quando il predatore è persona legata dalla vittima da vincoli di parentela o sfrutta la sua posizione sociale, sono molteplici. La modalità più recente viene consumata attraverso l’utilizzo delle tecnologie, le piattaforme social infatti, consentendo l’accesso e l’utilizzo in anonimo permettono ai predatori di mimetizzarsi, assumere connotati più simili alle loro vittime attraverso la creazione di profili fake, così da assumere identità sempre differenti con le varie vittime, cosa che nella vita reale non potrebbero mai fare dovendo fare i conti con la propria età – spesso matura – che non consentirebbe certo l’accesso a luoghi pubblici frequentati dai bambini e adolescenti senza destare qualche sospetto. In un mondo virtuale perciò i predatori possono modellare a piacimento la nuova identità che useranno rendendola il più seducente possibile per la preda designata, la creazione di “avatar” è lo strumento che meglio si adatta allo scopo, soprattutto sulle piattaforme di giochi online frequentate principalmente di giovanissimi. Il groomer agisce come un vero e proprio investigatore, svolge approfondite ricerche sulle sue potenziali future vittime, indaga sui loro gusti, sulle loro fantasie, prepara gli argomenti che sicuramente attireranno l’attenzione per dare l’avvio all’interazione. I predatori sessuali seguono delle preferenze, prendono quindi contatto solo con soggetti che hanno quelle determinate caratteristiche che interessano loro di età e sesso, non forniscono come detto informazioni personali, alterano la loro identità per facilitare l’apertura alla conoscenza da parte della vittima stabilendo un legame di fiducia che porta quest’ultima a rivelare informazioni private come l’indirizzo di casa o la scuola frequentata. Allo scopo di ottenere lo scambio di immagini esplicite, spesso il predatore offre piccoli regali, per compiacere il minore, lo fa sentire “speciale”, il legame così assume quelle caratteristiche di esclusività. Dalle ricerche svolte sull’aumento dei casi di adescamento online emerge che il 30% circa degli intervistati tra i 9 e i 16 anni ha ricevuto richieste di contatto da utenti sospetti.

La non percezione del rischio

Nella maggioranza dei casi, si è potuto verificare che i ragazzi non hanno una reale percezione del rischio cui incorrono, e non sono consapevoli delle conseguenze psicologiche derivanti da un eventuale abuso, né tantomeno hanno contezza della gravità della diffusione di materiale pedopornografico in rete. Essi concepiscono il rapporto giovane-adulto come normale, in questo infatti si vedono tutte le capacità adulatorie del predatore, che fa credere loro di poter comprendere quelle cose che gli adulti e i genitori non riescono nemmeno a vedere. Purtroppo ciò che appare maggiormente distruttivo è il trauma che si riversa nelle loro vite, anche in riferimento all’immagine di sé da adulti; cosa fare allora se ciò dovesse accadere? Anzitutto parlarne con qualcuno – sperando che i più giovani abbiano avuto la pazienza di leggere fin qui- un compagno di scuola è un’ottima cosa poiché è sicuramente più vicino e meno propenso alla facile condanna, ma anche un adulto di riferimento come un insegnante o per quelli più fortunati uno psicologo presente nell’organico della scuola, così da poterne parlare e capire come comportarsi. Per quelle situazioni in cui l’adescamento sia già accaduto, è raccomandabile per i genitori che ne sono venuti a conoscenza di rivolgersi immediatamente alla Polizia Postale competente nel proprio territorio, alla Procura e di far riferimento a psicoterapeuti che possano prendere in carico il minore e l’intero nucleo familiare che ne è direttamente coinvolto.

Il supporto di uno psicoterapeuta

Il supporto di uno psicoterapeuta è fondamentale per il minore vittima di adescamento e abuso, non solo per le conseguenze nel breve periodo che lo possono travolgere, come il senso di vergogna, la percezione di umiliazione, la perdita della fiducia nelle proprie capacità e tutte le reazioni psicologiche e fisiche direttamente legate al trauma come una sindrome da stress post traumatico, ma anche nel lungo periodo come la costruzione della propria vita sentimentale e sessuale da adulto. È fuori da ogni dubbio infine, che il compito dei genitori educatori è quello di vigilare e dirigere verso un corretto utilizzo dei social network i ragazzi, riconvertendo in chiave contemporanea i vecchi consigli di “non dare confidenza a chi non conosci” e “se qualcuno ti dà noia cambia strada”.

di Pasquale Crespa

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