Lello Traisci, uno spaccato musicale lungo oltre duemila anni

Lello Traisci, uno spaccato musicale lungo oltre duemila anni
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A cura di Bruno Marfé

Fra gli ospiti che in questa estate 2021 spesso hanno partecipato agli incontri svoltisi a Castel Volturno per le “Letture di gusto” ce n’è uno che da tempo si sta impegnando affinché sia conosciuta la storia della nostra musica popolare.

Stiamo parlando del musicista napoletano Lello Traisci che vive ormai da tempo nella cittadina domitia e lavora a Capua in un centro di accoglienza e formazione di immigrati e soggetti deboli.  Grazie ad un intenso lavoro di ricerca svolto nel tempo libero su origini e tradizioni del territorio casertano, Lello ha messo in pratica i risultati delle sue ricerche componendo musiche che ci riportano indietro nel tempo, in particolare tammurriate che sono, come è noto, una delle espressioni più tipiche e tradizionali della musica napoletana insieme alla tarantella.

Uno spaccato musicale lungo oltre duemila anni alla ricerca delle antiche radici

Le sue ricerche, partite dall’epoca greco-romana risalendo fino al 1600 alle fasi angioina-aragonese, lo hanno condotto alle antiche radici del popolo osco, radicatosi nell’epoca pre-romana nell’area campana. Uno spaccato musicale lungo oltre duemila anni stimolante ai fini della divulgazione storica e della conoscenza delle radici e tradizioni più profonde della nostra storia, la nostra memoria e dunque della nostra identità di popolo meridionale.

Questo affascinante lavoro di ricerca storica, a cui Lello sta dedicando il suo tempo libero, viene presentato attraverso un programma su YouTube dal titolo “La storia della nostra musica popolare”, che si giova della collaborazione di Antony Luzzo per la produzione e di Lello Mengoni come presentatore. Inoltre, Lello sta partecipando ad una nuova raccolta su cultura e tradizioni nel Mezzogiorno, con una parte ampia dedicata alla musica popolare.

Nella prima parte si va dalla musica dell’epoca antica degli Osci fino a quella greca e romana; nella seconda vengono indagate le tradizioni dell’epoca angioina-aragonese fino al ‘500-‘600. Come ci ricorda Ruggero Cappuccio in un suo articolo apparso sul Mattino: “Nel panorama delle nostre attività ce n’è una nobilissima che discende direttamente dai ritmi del creato: la musica” ed è proprio per questo che il lavoro di Lello diventa fondamentale per far crescere la curiosità e l’attenzione verso un’arte ed una cultura, quella del canto e della musica popolare, finora sempre un po’ trascurata.

L’ultimo suo lavoro

L’ultimo suo lavoro è un brano dal titolo “Acquaiola ‘e Castiello” che ci riporta alle origini degli usi e costumi del territorio del basso Volturno, rievocando i tempi nei quali le fanciulle con la lancella (N.d.R.: un vaso con collo stretto e ventre largo) andavano ad attingere l’acqua al fiume Volturno per dissetare i contadini, i pastori e i vari lavoratori che nel periodo caldo lavoravano instancabili nei campi. 

Lo scorso 12 settembre, a Formia al centro Don Bosco, il brano ha ricevuto un “riconoscimento di merito sociale” per la particolare proposta di ricerca sulle tradizioni.

Come tutti i lavori di Lello anche Acquaiola ‘e Castiello è a disposizione gratuitamente sulle varie piattaforme digitali; in particolare sul suo canale YouTube, e questo al fine di mantenere sempre viva la musica e la cultura popolare.

Il videoclip è stato girato fra Cancello ed Arnone e Castel Volturno e ad affiancare Lello troviamo il gruppo ‘Na paranza ‘Mpruvvisata costituito da Massimo Rizzello (mandolino), Mario Guarino (percussioni), Jo de Angelis (corista), e Alessandra Coccia (corista).

Un altro gruppo – dal nome emblematico ’Na tammorra ‘mprovvisata – lo accompagna nello sforzo di diffusione e conoscenza, anche nelle nostre terre, delle sue musiche e composizioni.

All’amico Pasquale Iorio, con il quale organizziamo i vari incontri estivi, piace ricordare alcune composizioni particolari di Lello: la cantata dedicata alle Matres Matutae del Museo Campano di Capua (a cui Pasquale è molto legato), quella al Dio Volturno, ancora quella dedicata a San Castrese (uno dei due santi patroni di Castel Volturno, di origine africana) e infine quella dei braccianti, un inno al lavoro duro dei campi ed alle lotte contro lo sfruttamento.

“La musica popolare ha riempito nel tempo tutte le attività dell’uomo”

Come sottolinea lo stesso autore: “La musica popolare ha riempito nel tempo tutte le attività dell’uomo ed ha saputo tramandarci anche importanti pagine di storia, basti pensare a “Michelemma” dedicata a Masaniello, al Canto dei Sanfedisti che narra della rivoluzione partenopea contro i francesi, per poi concludere (per modo di dire) con Tammurriata nera che il grande E.A. Mario compose con Eduardo Nicolardi per far arrivare a noi quelle che furono le marocchinate durante la fine della seconda guerra mondiale a Napoli”.

Si può concludere affermando che la musica popolare è da sempre un fenomeno culturale che va tutelato ed incoraggiato per essere presente nel nostro bagaglio culturale storico musicale. Come scrive anche Pasquale Iorio, non possiamo che ringraziare Lello per il suo lavoro di ricerca che fa crescere in noi la curiosità e l’attenzione verso un’arte ed una cultura, quella della canto e della musica popolare, finora sempre un po’ trascurata.

“Per questi motivi auspico – chiosa Pasquale – che anche da parte delle istituzioni e delle associazioni del territorio ci possa essere pari interesse verso un autore e verso le sue opere, che possono aiutarci a capire le nostre radici culturali. Senza trascurare il fatto che la sua musica (come quella di tanti artisti) assume un valore particolare in questa fase, di tipo terapeutico: può essere uno ottimo strumento di socialità e di svago per aiutarci ad uscire da un momento difficile per tutti/e, per cercare di ripartire con la cultura e con nuove forme di coesione sociale a tutti i livelli.

In conclusione, va ricordato che alcuni canti particolari erano quelli che venivano eseguiti durante il lavoro in modo ritmato, anche con lo scopo di alleviare le fatiche di attività molto dure, come quelle nei campi per la raccolta della canapa ed altri prodotti. Di questo genere uno antichissimo è Il canto delle lavandaie del Vomero”.

Redazione

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