Epiphaneia. La scala che ascolta. -Sintesi poetica delle esperienze vissute

Epiphaneia. La scala che ascolta. -Sintesi poetica delle esperienze vissute
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di Daniela Marra

“Ogni passo è già rivelazione, se è un passo verso la consapevolezza interiore e, di riflesso, verso quella collettiva.”

L’associazione Tramandars presenta il 29 Novembre Epiphaneia – Manifestazioni in scala, evento di restituzione pubblica della residenza d’artista – Art Summit II – Vesuvio Contemporary Experience and Residency, di Lucia Schettino a cura di Stefania Trotta. L’installazione site specific presso Via Botteghe n 34

Ogni luogo ha un punto in cui il fiato cambia qualità. Un tornante invisibile, un piccolo ciglio di mondo dove l’aria diventa più sottile, più antica. Nel borgo Casamale questo punto coincide con una scala: pietre consunte, passaggi stretti, la geometria di un’ascesa che non promette niente, e proprio per questo offre tutto. È qui che Lucia Schettino ha sentito vibrare il gesto che sarebbe diventato Epiphaneia – Manifestazioni in scala, il culmine della sua residenza per Art Summit II – Vesuvio Contemporary Experience and Residency, a cura di Stefania Trotta.

Lucia è scultrice di materia e di interiorità. Lo si percepisce fin da quella scalata sul Monte Somma, compiuta nel maggio del 2024, una marcia silenziosa in cui la salita diventa la più antica delle preghiere, quella che si recita muovendo i piedi.

Nell’attrito della pietra, nel sudore che vela lo sguardo, l’artista ha trovato un’immagine: la verticalità come misura dell’anima, come metrica del possibile. L’ascesa non come dominio, ma come riconoscimento di un centro che sfugge e che, proprio per questo, chiede di essere cercato.

Durante la residenza ha attraversato le stanze dell’ARS, Archivio Russo Somma, dove la memoria culturale del Casamale riposa come una brace ancora viva. Lì è nato INVITRO, un laboratorio che potrebbe essere scambiato per un semplice esercizio manuale, e che invece è stato un rito.

Tredici abitanti del borgo, tredici gesti in argilla, tredici modi diversi di lasciare che la materia tremasse un po’ prima di trovare forma. Come se l’argilla fosse una lingua che non mente, un sismografo dell’interiorità.

Le piccole sculture nate da quelle mani non sono modelli, ma propagazioni: semi che hanno preparato l’opera finale. La scultrice li raccoglie come si raccolgono presagi necessari.

Così, nel cortile di Via Botteghe 34, la scala del borgo diventa un dispositivo poetico, una soglia. Attorno ad essa si dispone un tempo pluralizzato, misurato da tredici vasi, collocati come un orologio che non vuole segnare le ore ma la densità delle epifanie.

E il tredicesimo vaso, centro ideale, anima primordiale, custodisce l’origine, o forse la domanda da cui tutto ha preso avvio: come si manifesta una coscienza quando è pronta ad emergere?

Chi percorre la scala compie una piccola liturgia laica. Una salita che non promette rivelazioni, ma offre la possibilità di accoglierle. Ogni fiore lasciato nei vasi è un gesto minimo, quasi timido, eppure diventa segno di presenza, di partecipazione, di appartenenza a un tempo condiviso. È l’arte che non chiede di essere guardata, ma attraversata.

In fondo, Epiphaneia non è un’installazione da visitare, è un incontro. Con il borgo, con la memoria, con la propria interiorità che echeggia nello spazio scalare tra un passo e l’altro. Schettino sembra ricordarci che la trasformazione non è mai scenografica, ma è un cedimento impercettibile, una vibrazione tra la materia e ciò che la muove.

E in questo gesto lieve, ma radicale, ritorna l’intenzione profonda del progetto Art Summit – Vesuvio Contemporary Experience and Residency, promosso da Tramandars ETS: fare dell’arte non un evento, ma un habitat.

Un luogo in cui il paesaggio, la comunità e il rito possano ancora parlarsi, come facevano quando il mondo era giovane e le scale conducevano a qualcosa che somigliava alla trascendenza. Forse è questo che Epiphaneia ci chiede, di non salire per arrivare, ma per manifestare. E di ricordare che, a volte, basta un passo, uno soltanto, perché il mondo cambi direzione.

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